Sin dalla premessa del suo libro Contro il metodo Feyerabend
chiarisce l'obiettivo del suo lavoro, ovvero la presentazione
o meglio l'abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza.
Egli si dimostra a favore di un anarchismo, poiché
questo si rivela "una eccellente medicina per l'epistemologia
e per la filosofia della scienza" (Feyerabend 2002,
15) piuttosto che essere un osservatore di norme rigorose.
Infatti queste, se da un lato ottengono risultati importanti
entro certi limiti, dall'altro hanno lo svantaggio di non
tener conto dell'universo di possibilità che potrebbe
aprirsi all'uomo. Egli si chiede: "Dobbiamo credere
veramente che le regole ingenue e semplicistiche che i metodologi
prendono come loro guida possano rendere ragione di un tale
'labirinto di interazioni'?" (ibid., 15-16), che in
maniera piuttosto sbrigativa viene sacrificato dagli stessi
in nome di una Scienza o di un Metodo. Essi , così
facendo, non consentono una realizzazione di questo universo
che aspetta solamente di poter essere dischiuso da un "opportunista
senza scrupoli che non sia legato ad alcuna particolare
filosofia e che adotti in ogni caso il procedimento che
gli sembra più opportuno nella particolare circostanza"
(ibid., 15-16).
Già dalle prime battute, dunque, iniziano a intravedersi
le linee essenziali del pensiero di Feyerabend, quali la
critica alle metodologie ritenute infallibili, alla scienza
e al suo procedimento ben definito, all'uso di un solo metodo,
alle visioni dogmatiche.
Accade, infatti, che molte intuizioni che potrebbero rivelarsi
interessanti vengano inibite, così come l'immaginazione,
da un tipo di formazione scientifica che fissa le regole
in anticipo e cristallizza il pensiero creativo. Il desiderio
di libertà è così accantonato per seguire
norme universali o tradizionali rigide [1].
Chi può, infatti, escludere l'esistenza di altri
metodi e la loro validità e costruire gerarchie stabilendo
a quale metodologia spetti il primato? L'anarchia a cui
pensa Feyerabend si oppone a principi o leggi universali
affinché si consegua "il progresso in qualsiasi
senso si voglia intendere questa parola" (ibid., 25).
Egli vuole convincere i suoi lettore che "tutte le
metodologie, anche quelle più ovvie, hanno i loro
limiti" (ibid., 29) e che l'adesione a un determinato
metodo, sia anche quello scientifico, ha come conseguenze
la perdita della complessità umana e del flusso storico.
Spesso l'atteggiamento della scienza ha come risultato un
dogmatismo che impoverisce il ricco universo di alternative
e nuove possibilità di evoluzione sulla strada della
conoscenza [2].
Feyerabend raccomanda che "dobbiamo perciò mantenere
aperte le nostre scelte e non dobbiamo fissarci limiti in
anticipo" (ibid., 17) affinché non si rischi
di ignorare tutta quella gamma di opportunità, di
casi, di eventi e di fluttuazioni che accompagnano la storia
dell'uomo. Il problema che qui si solleva è come
possa essere possibile una qualsiasi evoluzione in qualsiasi
campo se già ci precludiamo vie diverse di ricerca
da quelle che sono note? Il pensiero, così, rischia
di subire una brusca frenata, per cristallizzarsi a causa
dell'abitudine a percorrere gli stessi metodi che rendono
effimeri i risultati ottenuti. È per questo motivo
che Feyerabend ci invita ad adottare un principio secondo
il quale "qualsiasi cosa può andar bene"[3]
(anything goes!).
A questo punto potrebbe sorgere il dubbio che Feyerabend
voglia, attraverso questo principio, proporci una nuova
metodologia. Credere ciò sarebbe erroneo dato che
egli stesso chiarisce in modo esplicito la sua posizione
e propone "un nuovo rapporto fra regole (criteri) e
tradizioni. È questo rapporto, e non un determinato
contenuto delle regole, a caratterizzare la mia 'posizione'"
(Feyerabend 1981, 66). Non c'è il tentativo da parte
sua dell'imposizione di una particolare visione [4], quanto
forse il desiderio di portare i suoi lettori a rifiutare
l'idea di un metodo universalmente valido, per andare oltre
e scoprire nuovi orizzonti che permettano all'uomo di svilupparsi
integralmente e pienamente. Il principio ha il pregio di
non inibire il progresso per il fatto che arresta la selezione
di idee a svantaggio delle altre che mal si collocano in
rapporto ad una certa esperienza, per dare in un certo senso,
il giusto peso ad ognuna.
Quello di Feyerabend è un invito, una provocazione
a lasciare il nostro porto sicuro, rappresentato dai nostri
standard ideali ai quali ci affidiamo, per nuotare in "un
oceano, sempre crescente, di alternative reciprocamente
incompatibili" (Feyerabend 2002, 27), magari insicuro
ma senz'altro più creativo e ricco di novità.
Le idee migliori forse vengono proprio dalla diversità
e non dall'omologazione.
Questo principio deve essere seguito anche dallo scienziato,
il quale deve tener conto di tutte le opinioni, confrontando
idee con altre idee e non semplicemente scartare queste
in nome di una "condizione di coerenza" che elimina
una teoria perché in disaccordo con un'altra (ibid.,
31).Questo crea immobilità, staticità nel
processo conoscitivo poiché si tende, in questo modo,
a preservare teorie meglio conosciute a scapito di nuove
e diverse. È anche vero che all'inizio bisognerà
pure optare per qualcosa (lo stesso Feyerabend all'inizio
era un fedele del metodo scientifico [5]) ma ciò
non autorizza l'esclusione a priori di altri fatti che non
riescono a giustificare momentaneamente una teoria. Persino
lo stesso procedimento scientifico, che per molti consta
di principi immutabili, logici, lineari, va incontro a delle
violazioni del suo stesso metodo poiché "non
c'è una singola norma, per quanto plausibile e per
quanto saldamente radicata nell'epistemologia, che non sia
stata violata in qualche circostanza" (ibid., 21).
Se si pensa alla storia della scienza, spesso vengono introdotte
forzature o ignorati eventi fortuiti al fine di spiegare
teorie che non si accordano con fatti osservabili da tutti.
Così uno scienziato dovrebbe andare alla ricerca
di nuove sfaccettature e pluralità di idee [6], nonché
dovrebbe servirsi non solo della "norma", (elemento
che conferma la teoria accordando i dati) ma anche della
"contronorma" che "ci consiglia di introdurre
ed elaborare ipotesi [
] in contraddizione con teorie
ben stabilite e/o fatti ben accertati" (ibid., 26).
Norma e contronorma sono parti integranti del processo di
conoscenza [7] dove l'ultima, aggiunge elementi che non
portano sicuramente verso il conformismo o verso il dogmatismo.
Dopotutto la ricerca nell'ambito scientifico "si fonda
ora su una regola, ora su una altra e le mosse che la fanno
avanzare non sono sempre note in modo esplicito" (ibid.,25).
Ciò comporta l'entrata in un'ottica più aperta,
che preveda la considerazione di paradigmi diversi da quelli
tradizionali e anche l'accettazione dell'instabilità
del nostro sapere scientifico.
Così l'anarchico è "come un agente segreto
che giochi la partita della Ragione allo scopo di minare
l'autorità della Ragione (della Verità, dell'Onestà,
della Giustizia ecc.) (ibid.,29), per uscire dal circolo
vizioso in cui induce l'atteggiamento scientifico occidentale
quando allontana altre modalità di perseguire conoscenza
ritenendole inferiori o arretrate.
Il risultato è l'imposizione del metodo scientifico
come unico attendibile e l'eliminazione della pluralità,
che porta a una sorta di uniformità paralizzante.
L'anarchico come è concepito da Feyerabend si oppone
a quelli che vengono proposti come principi universali o
leggi Universali quali Ragione, Giustizia, Dovere, Verità,
per prendere in considerazione altri tipi di pensiero, di
tradizioni, poiché egli "non ha alcuno scrupolo
a difendere anche l'asserzione più trita o più
mostruosa" (ibid.,155). Sembra che l'anarchico voglia
introdurre tutta una serie di fattori che normalmente la
cultura scientifica non considera o considera come inutili
al progresso della scienza stessa [8].
L'anarchico epistemologico cercherà, dunque di scardinare
il mito della Scienza e del Metodo per sostenere la pari
dignità all'interno di questa di altre tradizioni
e forme di sapere [9] che concorrono tutte a dare il loro
contributo alla piena realizzazione dell'uomo.
Questo è un concetto che implica l'annullamento di
ogni genere di autorità all'interno della ricerca
epistemologica per far posto a teorie che "dimostrano
che la scienza non è l'unica via per acquisire la
conoscenza, che ci sono alternative e che le alternative
possono riuscire laddove la scienza ha fallito" (Feyerabend
2001, 92).
Nella scienza e nel suo campo rientrano concezioni irrazionali,
caos, deviazioni, errori, che aiutano questa a progredire.
Senza questi fattori, con tutta probabilità, il campo
del sapere umano non avanzerebbe e la scienza stessa rischierebbe
di essere spazzata via proprio a causa della mancanza di
quei stessi fattori che l'hanno portata a certi risultati:
"la scienza è molto più 'trascurata'
e 'irrazionale' della sua immagine metodologica" (Feyerabend
2002, 146). Feyerabend propone l'utilizzo della non-scienza
a fianco della scienza [10] e a garantire il tramite, lo
scambio tra quest'ultima e le altre concezioni non scientifiche
sarà proprio l'anarchismo.
Sia l'anarchismo che il principio "qualsiasi cosa può
andar bene" si ritrovano ad essere strettamente connessi,
in quanto vogliono essere un trampolino di lancio, l'inizio
di una ricerca aperta, libera, che usufruisce di tutte le
concezioni, le voglia senza aver paura dei risultati poiché
lo "strumento di critica migliore è lo sviluppo
di alternative" (Feyerabend 1981, 67).
Molti critici lo hanno accusato di seguire un "anarchismo
ingenuo", ovvero di portare avanti un'analisi dei limiti
di regole e criteri per poi abbandonarli definitivamente
(ibid., 65). Non penso che Feyerabend possa essere annoverato
nella cerchia degli anarchici ingenui poiché, se
da un lato è certamente convinto della limitatezza
di tutte le regole e criteri, dall'altro non dice che ormai
dobbiamo vivere senza questi [11]. Solamente non dobbiamo
farne un'idea oggettiva da imporre dall'alto senza tenere
in considerazione le condizioni che si presentano volta
per volta.
Forse egli mira a far capire al lettore che deve avere l'intelligenza
nonché la spregiudicatezza di usare metodi e criteri
a seconda della circostanza in cui si trova immerso. Il
suo anarchismo è fondamentale sia nella ricerca scientifica
che all'interno della società, affinché nessuno
si senta schiavo di regole assolute e procedimenti standardizzati
[12]. Infatti "i criteri che usiamo e le regole che
raccomandiamo hanno un solo senso solo se il mondo ha una
certa struttura, mentre in ambiti dotati di una struttura
diversa rimangono inapplicabili o funzionano a vuoto"
(Feyerabend 1981., 67).
[1] "Il desiderio di accrescere la libertà,
di condurre a una vita piena e gratificante, e il corrispondente
tentativo di scoprire i segreti della natura e dell'uomo,comportano
quindi il rifiuto di ogni norma universale e di ogni tradizione
rigida" (Feyerabend 2002, 18).
[2] "Dovremmo trasferire ad essa i diritti esclusivi
di occuparsi della conoscenza, così da escludere
immediatamente qualsiasi risultato si sia ottenuto con altri
metodi? È questa la domanda che intendo esaminare
nel presente saggio. E la mia risposta a tale domanda sarà
un fermo e sonante NO" (ibid., 17).
[3] "E' chiaro, quindi, che l'idea di un metodo fisso
o di una teoria fissa della razionalità, poggia su
una visione troppo ingenua dell'uomo e del suo ambiente
sociale. Per coloro che non vogliono ignorare il ricco materiale
fornito dalla storia, e che non si propongono di impoverirlo
per compiacere ai loro istinti più bassi, alla loro
brama di sicurezza intellettuale nella forma della chiarezza,
della precisione, dell'"obiettività", della
"verità", diventerà chiaro che c'è
un solo principio che possa essere difeso in tutte le circostanze
e in tutte le fasi dello sviluppo umano. E' il principio:
qualsiasi cosa può andar bene" (ibid., 25).
[4] "Non ho una filosofia, se per filosofia si intende
un corredo di principi uniti alle loro applicazioni, oppure
un immutabile atteggiamento di fondo" (Feyerabend 2001,
148).
[5] "So di essere stato un tempo io stesso un patito
della scienza, ma ora sono diventato molto scettico circa
l'autorità della scienza in questioni ontologiche"
(Feyerabend 1984, 56)
[6] "[
] egli deve adottare cioè una metodologia
pluralistica. Egli deve mettere a confronto idee con altre
idee anziché con l''esperienza' e deve cercare di
migliorare anziché rifiutare le opinioni che in questo
contrasto hanno avuto la peggio" (Feyerabend 2002,
27).
[7] "La conoscenza così concepita non è
una serie di teorie in sé coerenti che convergono
verso una concezione ideale, non è un approccio ideale,
non è un approccio graduale alla verità: È
piuttosto un oceano, sempre crescente, di alternative reciprocamente
incompatibili" (ibid., 27).
[8]"Non c'è alcuna opinione, per quanto 'assurda'
o 'immorale' che egli si rifiuti di prendere in considerazione
o in conformità con la quale si rifiuti di agire,
e nessun metodo è considerato indispensabile"
(ibid.,155).
[9]"[
] ci si accorge che la scienza non ha l'esclusività
della conoscenza. La scienza è senz'altro un serbatoio
di conoscenza, ma lo stesso vale per i miti, le favole,
le tragedie, i componimenti epici e molte altre creazioni
delle tradizioni non scientifiche" (Feyerabend 2001,
95).
[10] "L'affermazione che non c'è conoscenza
fuori dalla scienza - extra scientiam nulla salus - non
è altro che un'altra favola, molto conveniente"
(Feyerabend 2002, 249).
[11] "Trovo plausibile che ogni regola abbia dei limiti,
ma non ne concludo che si debba vivere senza regole.[
]
Non voglio eliminare regole e criteri, né mostrare
che siamo privi di valore. Al contrario desidero aumentare
il nostro inventario di regole - più sono, meglio
è - e propongo usarle tutte in modo nuovo" (Feyerabend
1983, 401).
[12] "Le regole metodologiche devono essere adattate
alle circostanze e reinventate sempre di nuovo. Ciò
aumenta la libertà, la dignità e la speranza
di successo" (ibid., 298).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
PAUL K. FEYERABEND
- (1981) La scienza in una società libera, Milano
- (1983) Il realismo scientifico e l'autorità della
scienza, Milano
- (1984) Scienza come arte, Bari
- (2001) Dialogo sul metodo, Bari
- (2002) Contro il metodo, Milano
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