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Piera Tilocca
L'anarchismo epistemologico di P.K. Feyerabend

 

P. Tilocca, L'anarchismo epistemologico di P.K. Feyerabend, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno IV, N.1 Marzo -Giugno 2005/2006 URL:
http://www.giornalediconfine.net/n_4/16.htm

 

Sin dalla premessa del suo libro Contro il metodo Feyerabend chiarisce l'obiettivo del suo lavoro, ovvero la presentazione o meglio l'abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza. Egli si dimostra a favore di un anarchismo, poiché questo si rivela "una eccellente medicina per l'epistemologia e per la filosofia della scienza" (Feyerabend 2002, 15) piuttosto che essere un osservatore di norme rigorose. Infatti queste, se da un lato ottengono risultati importanti entro certi limiti, dall'altro hanno lo svantaggio di non tener conto dell'universo di possibilità che potrebbe aprirsi all'uomo. Egli si chiede: "Dobbiamo credere veramente che le regole ingenue e semplicistiche che i metodologi prendono come loro guida possano rendere ragione di un tale 'labirinto di interazioni'?" (ibid., 15-16), che in maniera piuttosto sbrigativa viene sacrificato dagli stessi in nome di una Scienza o di un Metodo. Essi , così facendo, non consentono una realizzazione di questo universo che aspetta solamente di poter essere dischiuso da un "opportunista senza scrupoli che non sia legato ad alcuna particolare filosofia e che adotti in ogni caso il procedimento che gli sembra più opportuno nella particolare circostanza" (ibid., 15-16).
Già dalle prime battute, dunque, iniziano a intravedersi le linee essenziali del pensiero di Feyerabend, quali la critica alle metodologie ritenute infallibili, alla scienza e al suo procedimento ben definito, all'uso di un solo metodo, alle visioni dogmatiche.
Accade, infatti, che molte intuizioni che potrebbero rivelarsi interessanti vengano inibite, così come l'immaginazione, da un tipo di formazione scientifica che fissa le regole in anticipo e cristallizza il pensiero creativo. Il desiderio di libertà è così accantonato per seguire norme universali o tradizionali rigide [1].
Chi può, infatti, escludere l'esistenza di altri metodi e la loro validità e costruire gerarchie stabilendo a quale metodologia spetti il primato? L'anarchia a cui pensa Feyerabend si oppone a principi o leggi universali affinché si consegua "il progresso in qualsiasi senso si voglia intendere questa parola" (ibid., 25). Egli vuole convincere i suoi lettore che "tutte le metodologie, anche quelle più ovvie, hanno i loro limiti" (ibid., 29) e che l'adesione a un determinato metodo, sia anche quello scientifico, ha come conseguenze la perdita della complessità umana e del flusso storico. Spesso l'atteggiamento della scienza ha come risultato un dogmatismo che impoverisce il ricco universo di alternative e nuove possibilità di evoluzione sulla strada della conoscenza [2].
Feyerabend raccomanda che "dobbiamo perciò mantenere aperte le nostre scelte e non dobbiamo fissarci limiti in anticipo" (ibid., 17) affinché non si rischi di ignorare tutta quella gamma di opportunità, di casi, di eventi e di fluttuazioni che accompagnano la storia dell'uomo. Il problema che qui si solleva è come possa essere possibile una qualsiasi evoluzione in qualsiasi campo se già ci precludiamo vie diverse di ricerca da quelle che sono note? Il pensiero, così, rischia di subire una brusca frenata, per cristallizzarsi a causa dell'abitudine a percorrere gli stessi metodi che rendono effimeri i risultati ottenuti. È per questo motivo che Feyerabend ci invita ad adottare un principio secondo il quale "qualsiasi cosa può andar bene"[3] (anything goes!).
A questo punto potrebbe sorgere il dubbio che Feyerabend voglia, attraverso questo principio, proporci una nuova metodologia. Credere ciò sarebbe erroneo dato che egli stesso chiarisce in modo esplicito la sua posizione e propone "un nuovo rapporto fra regole (criteri) e tradizioni. È questo rapporto, e non un determinato contenuto delle regole, a caratterizzare la mia 'posizione'" (Feyerabend 1981, 66). Non c'è il tentativo da parte sua dell'imposizione di una particolare visione [4], quanto forse il desiderio di portare i suoi lettori a rifiutare l'idea di un metodo universalmente valido, per andare oltre e scoprire nuovi orizzonti che permettano all'uomo di svilupparsi integralmente e pienamente. Il principio ha il pregio di non inibire il progresso per il fatto che arresta la selezione di idee a svantaggio delle altre che mal si collocano in rapporto ad una certa esperienza, per dare in un certo senso, il giusto peso ad ognuna.
Quello di Feyerabend è un invito, una provocazione a lasciare il nostro porto sicuro, rappresentato dai nostri standard ideali ai quali ci affidiamo, per nuotare in "un oceano, sempre crescente, di alternative reciprocamente incompatibili" (Feyerabend 2002, 27), magari insicuro ma senz'altro più creativo e ricco di novità. Le idee migliori forse vengono proprio dalla diversità e non dall'omologazione.
Questo principio deve essere seguito anche dallo scienziato, il quale deve tener conto di tutte le opinioni, confrontando idee con altre idee e non semplicemente scartare queste in nome di una "condizione di coerenza" che elimina una teoria perché in disaccordo con un'altra (ibid., 31).Questo crea immobilità, staticità nel processo conoscitivo poiché si tende, in questo modo, a preservare teorie meglio conosciute a scapito di nuove e diverse. È anche vero che all'inizio bisognerà pure optare per qualcosa (lo stesso Feyerabend all'inizio era un fedele del metodo scientifico [5]) ma ciò non autorizza l'esclusione a priori di altri fatti che non riescono a giustificare momentaneamente una teoria. Persino lo stesso procedimento scientifico, che per molti consta di principi immutabili, logici, lineari, va incontro a delle violazioni del suo stesso metodo poiché "non c'è una singola norma, per quanto plausibile e per quanto saldamente radicata nell'epistemologia, che non sia stata violata in qualche circostanza" (ibid., 21).
Se si pensa alla storia della scienza, spesso vengono introdotte forzature o ignorati eventi fortuiti al fine di spiegare teorie che non si accordano con fatti osservabili da tutti. Così uno scienziato dovrebbe andare alla ricerca di nuove sfaccettature e pluralità di idee [6], nonché dovrebbe servirsi non solo della "norma", (elemento che conferma la teoria accordando i dati) ma anche della "contronorma" che "ci consiglia di introdurre ed elaborare ipotesi […] in contraddizione con teorie ben stabilite e/o fatti ben accertati" (ibid., 26). Norma e contronorma sono parti integranti del processo di conoscenza [7] dove l'ultima, aggiunge elementi che non portano sicuramente verso il conformismo o verso il dogmatismo.
Dopotutto la ricerca nell'ambito scientifico "si fonda ora su una regola, ora su una altra e le mosse che la fanno avanzare non sono sempre note in modo esplicito" (ibid.,25). Ciò comporta l'entrata in un'ottica più aperta, che preveda la considerazione di paradigmi diversi da quelli tradizionali e anche l'accettazione dell'instabilità del nostro sapere scientifico.
Così l'anarchico è "come un agente segreto che giochi la partita della Ragione allo scopo di minare l'autorità della Ragione (della Verità, dell'Onestà, della Giustizia ecc.) (ibid.,29), per uscire dal circolo vizioso in cui induce l'atteggiamento scientifico occidentale quando allontana altre modalità di perseguire conoscenza ritenendole inferiori o arretrate.
Il risultato è l'imposizione del metodo scientifico come unico attendibile e l'eliminazione della pluralità, che porta a una sorta di uniformità paralizzante. L'anarchico come è concepito da Feyerabend si oppone a quelli che vengono proposti come principi universali o leggi Universali quali Ragione, Giustizia, Dovere, Verità, per prendere in considerazione altri tipi di pensiero, di tradizioni, poiché egli "non ha alcuno scrupolo a difendere anche l'asserzione più trita o più mostruosa" (ibid.,155). Sembra che l'anarchico voglia introdurre tutta una serie di fattori che normalmente la cultura scientifica non considera o considera come inutili al progresso della scienza stessa [8].
L'anarchico epistemologico cercherà, dunque di scardinare il mito della Scienza e del Metodo per sostenere la pari dignità all'interno di questa di altre tradizioni e forme di sapere [9] che concorrono tutte a dare il loro contributo alla piena realizzazione dell'uomo.
Questo è un concetto che implica l'annullamento di ogni genere di autorità all'interno della ricerca epistemologica per far posto a teorie che "dimostrano che la scienza non è l'unica via per acquisire la conoscenza, che ci sono alternative e che le alternative possono riuscire laddove la scienza ha fallito" (Feyerabend 2001, 92).
Nella scienza e nel suo campo rientrano concezioni irrazionali, caos, deviazioni, errori, che aiutano questa a progredire. Senza questi fattori, con tutta probabilità, il campo del sapere umano non avanzerebbe e la scienza stessa rischierebbe di essere spazzata via proprio a causa della mancanza di quei stessi fattori che l'hanno portata a certi risultati: "la scienza è molto più 'trascurata' e 'irrazionale' della sua immagine metodologica" (Feyerabend 2002, 146). Feyerabend propone l'utilizzo della non-scienza a fianco della scienza [10] e a garantire il tramite, lo scambio tra quest'ultima e le altre concezioni non scientifiche sarà proprio l'anarchismo.
Sia l'anarchismo che il principio "qualsiasi cosa può andar bene" si ritrovano ad essere strettamente connessi, in quanto vogliono essere un trampolino di lancio, l'inizio di una ricerca aperta, libera, che usufruisce di tutte le concezioni, le voglia senza aver paura dei risultati poiché lo "strumento di critica migliore è lo sviluppo di alternative" (Feyerabend 1981, 67).
Molti critici lo hanno accusato di seguire un "anarchismo ingenuo", ovvero di portare avanti un'analisi dei limiti di regole e criteri per poi abbandonarli definitivamente (ibid., 65). Non penso che Feyerabend possa essere annoverato nella cerchia degli anarchici ingenui poiché, se da un lato è certamente convinto della limitatezza di tutte le regole e criteri, dall'altro non dice che ormai dobbiamo vivere senza questi [11]. Solamente non dobbiamo farne un'idea oggettiva da imporre dall'alto senza tenere in considerazione le condizioni che si presentano volta per volta.
Forse egli mira a far capire al lettore che deve avere l'intelligenza nonché la spregiudicatezza di usare metodi e criteri a seconda della circostanza in cui si trova immerso. Il suo anarchismo è fondamentale sia nella ricerca scientifica che all'interno della società, affinché nessuno si senta schiavo di regole assolute e procedimenti standardizzati [12]. Infatti "i criteri che usiamo e le regole che raccomandiamo hanno un solo senso solo se il mondo ha una certa struttura, mentre in ambiti dotati di una struttura diversa rimangono inapplicabili o funzionano a vuoto" (Feyerabend 1981., 67).

 



[1] "Il desiderio di accrescere la libertà, di condurre a una vita piena e gratificante, e il corrispondente tentativo di scoprire i segreti della natura e dell'uomo,comportano quindi il rifiuto di ogni norma universale e di ogni tradizione rigida" (Feyerabend 2002, 18).
[2] "Dovremmo trasferire ad essa i diritti esclusivi di occuparsi della conoscenza, così da escludere immediatamente qualsiasi risultato si sia ottenuto con altri metodi? È questa la domanda che intendo esaminare nel presente saggio. E la mia risposta a tale domanda sarà un fermo e sonante NO" (ibid., 17).
[3] "E' chiaro, quindi, che l'idea di un metodo fisso o di una teoria fissa della razionalità, poggia su una visione troppo ingenua dell'uomo e del suo ambiente sociale. Per coloro che non vogliono ignorare il ricco materiale fornito dalla storia, e che non si propongono di impoverirlo per compiacere ai loro istinti più bassi, alla loro brama di sicurezza intellettuale nella forma della chiarezza, della precisione, dell'"obiettività", della "verità", diventerà chiaro che c'è un solo principio che possa essere difeso in tutte le circostanze e in tutte le fasi dello sviluppo umano. E' il principio: qualsiasi cosa può andar bene" (ibid., 25).
[4] "Non ho una filosofia, se per filosofia si intende un corredo di principi uniti alle loro applicazioni, oppure un immutabile atteggiamento di fondo" (Feyerabend 2001, 148).
[5] "So di essere stato un tempo io stesso un patito della scienza, ma ora sono diventato molto scettico circa l'autorità della scienza in questioni ontologiche" (Feyerabend 1984, 56)
[6] "[…] egli deve adottare cioè una metodologia pluralistica. Egli deve mettere a confronto idee con altre idee anziché con l''esperienza' e deve cercare di migliorare anziché rifiutare le opinioni che in questo contrasto hanno avuto la peggio" (Feyerabend 2002, 27).
[7] "La conoscenza così concepita non è una serie di teorie in sé coerenti che convergono verso una concezione ideale, non è un approccio ideale, non è un approccio graduale alla verità: È piuttosto un oceano, sempre crescente, di alternative reciprocamente incompatibili" (ibid., 27).
[8]"Non c'è alcuna opinione, per quanto 'assurda' o 'immorale' che egli si rifiuti di prendere in considerazione o in conformità con la quale si rifiuti di agire, e nessun metodo è considerato indispensabile" (ibid.,155).
[9]"[…] ci si accorge che la scienza non ha l'esclusività della conoscenza. La scienza è senz'altro un serbatoio di conoscenza, ma lo stesso vale per i miti, le favole, le tragedie, i componimenti epici e molte altre creazioni delle tradizioni non scientifiche" (Feyerabend 2001, 95).
[10] "L'affermazione che non c'è conoscenza fuori dalla scienza - extra scientiam nulla salus - non è altro che un'altra favola, molto conveniente" (Feyerabend 2002, 249).
[11] "Trovo plausibile che ogni regola abbia dei limiti, ma non ne concludo che si debba vivere senza regole.[…] Non voglio eliminare regole e criteri, né mostrare che siamo privi di valore. Al contrario desidero aumentare il nostro inventario di regole - più sono, meglio è - e propongo usarle tutte in modo nuovo" (Feyerabend 1983, 401).
[12] "Le regole metodologiche devono essere adattate alle circostanze e reinventate sempre di nuovo. Ciò aumenta la libertà, la dignità e la speranza di successo" (ibid., 298).


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

PAUL K. FEYERABEND
- (1981) La scienza in una società libera, Milano
- (1983) Il realismo scientifico e l'autorità della scienza, Milano
- (1984) Scienza come arte, Bari
- (2001) Dialogo sul metodo, Bari
- (2002) Contro il metodo, Milano