In
Europa, negli anni '50, vi sarà una riduzione a una
pittura di pura superficie (il cosiddetto "azzeramento"
della pittura), sia nelle anticipazioni di pittori di difficile
incasellamento, come Klein e Manzoni, sia in lavori di matrice
più fredda, come quelli sulle superfici "strutturate"[1].
Lo spazialismo, movimento ibrido, che si è venuto
articolando negli ultimi anni in numerose ed eteroclite
correnti, ha continuato a serpeggiare negli ultimi decenni,
risollevato ora dai francesi (con l'istituzione dei diversi
groupe espace) ora dagli italiani (spazialismo, a Milano)
ora dagli argentini (Manifesto Blanco di Fontana). In
realtà "spazialismo" vorrebbe significare
una nuova concezione dello spazio fisico e fenomenico, nonché
artistico, e indica un'urgenza, avvertita da quasi tutti
gli artisti della nostra epoca, di mutare il rapporto tra
l'uomo e lo spazio fisico che lo circonda, non solo, ma
di interpretare tale rapporto in maniera diversa tanto da
quella rinascimentale e ottocentesca che da quella cubo-futurista
[2]. Nel 1946, Fontana e alcuni suoi allievi, redigono a
Buenos Aires quel Manifesto Blanco che doveva costituire
uno dei più importanti documenti teoretici dell'indirizzo
spazialista nell'arte moderna. La portata critico-filosofica
del Manifesto non è certo notevole quanto le successive
opere dell'artista; è tuttavia sintomatico notare
come, già in quel periodo, Fontana avvertisse l'urgenza
di constatare l'insufficienza del "quadro da cavalletto"
e della trita distinzione tra quadro e statua, affermando
l'importanza di un'arte capace di protendersi oltre i limiti
della tela o della creta per spaziare in dimensioni più
vaste ed inesplorate; tale da diventare l'integratrice dell'architettura.
Un'arte "trasmissibile attraverso lo spazio" valendosi
di mezzi meccanici quali la televisione o le nuove tecniche
comunicative [3]. Lo spazialismo si impone con l'audacia
del distacco, della corsa celebrale verso le vertigini del
nulla, dello slancio estetico fino all'estremo desiderio
di liberazione. La nuova dimensione è la dimensione
del vuoto come contenitore di tutti gli archetipi, come
negazione del dato oggettivo, come ricerca estrema della
nostra immagine. La tela è negata ed è azzerata
a livello di concetto.
Lo spazio individuato è
primordiale, di uterina memoria, dove viviamo l'ansia e
l'attesa di ciò che sarà - ricordiamo i tagli
di Fontana - e la solitudine di ciò che è
- ambienti spaziali-. Se con i buchi, l'artista, ci permetteva
di spiare e percepire la realtà, gli ambienti spaziali
avvolgono lo spettatore di ancestrale solitudine; gli elementi
fisici e sensibili sono ridotti al minimo in favore di un
potenziamento massimo del pensiero, le energie celebrali
prevalgono sul deterioramento della materia. Negli anni
'60 Fontana crea ambienti spaziali con una sistematicità
al pari dei buchi e dei tagli. Il nero domina gli ambienti
attraversati dal bagliore sidereo della luce (neon) che
agita lo spazio in un moto convulso. Le forme fluttuanti,
sono la rappresentazione tangibile di una nuova arte immateriale,
energetica, che pur rilevando la sua valenza estetica minimizza
il dato percettivo accrescendo la riflessione. L'arte spaziale
sottolinea il nostro sentire spirituale come eterno e infinito
mentre la materia sarà logorata dal tempo. Lo spazio
segna la tregua della nostra spasmodica ricerca e ci apre
ad una dimensione cosmica; così Fontana scriveva
che nello spazio non c'è più misura e il fine
supremo di tutto, di tutta la nostra stessa esistenza, è
il nulla. "
e, allora, ecco il nulla, l'uomo
si riduce a niente. E l'uomo ridotto a niente, non vuol
dire che si distrugge; diventa un uomo semplice come una
pianta, come un fiore e, quando sarà puro così,
l'uomo sarà perfetto" [4]
[1] P. de Vecchi, E. Cerchiari, Arte nel tempo,
vol.3, III tomo, Bompiani, p. 572
[2] G. Dorfles, Ultime tendenze nell'arte d'oggi, Feltrinelli,
p. 91
[3] ibidem, p. 96
[4] J. de Sanna, Lucio Fontana, materia-spazio -concetto,
Mursia, p. 154
Immagini* delle Opere di Lucio Fontana. Nell'ordine:
- Ambiente spaziale al neon (51 A 1), IX Triennale di Milano
1951
- Soffitto (53 A 3), Cinema del Padiglione Sidercomit, XXXI
Fiera di Milano 1953
- Concetto spaziale (61 O 20), 1961
- Concetto spaziale. Fine di Dio (63FD 19), 1963
* Le immagini sono tratte da J. De Sanna, Lucio Fontana,
materia-spazio -concetto, Mursia, p. 154
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