D. Restringendo il campo al percorso che hai intrapreso
dal 1999 con i lavori dal titolo Evangelizzazione ed Evangelifici,
fino ad arrivare agli ultimi esiti con il ciclo delle Piazze
Rosse e Zivago Family (2002), sembrerebbe che queste opere
denuncino un marcato rapporto con la contemporaneità
Quanto è profondo e di che natura è questo
rapporto?
***
** Zivago Family; *.
. . . . . Saluti da Santo Stefano
R. "Penso che l'artista
non possa prescindere da ciò che gli accade attorno,
ma il suo sguardo deve andare oltre il singolo evento, mutando
il suo punto d'osservazione.
Partendo da considerazioni sull'adesso è però
l'opera che reclama di essere accolta come atemporale e
come tale si colloca in ogni caso al di fuori della storia
anche se dal suo interno viene prodotta".
D. Miliziani ignoti con
maschere antigas, fabbriche dismesse, scene familiari tratte
da vecchie fotografie degli anni '60 detournate secondo
la lezione situazionista, questi sono alcuni dei temi che
ricorrono nelle tue opere, che senso assume il riemergere
di questi brandelli di realtà?
R. Sul piano formale
l'operazione condotta con il recupero di vecchie fotografie
o immagini che raffigurano fabbriche in stato di abbandono
o scene tratte da album familiari concorre all'emersione
di un rimosso che ieri chiamavano realtà e che ora
facciamo sempre più fatica a riconoscere. Sono più
propenso a definire quel rimosso di cui tento un recupero
come "omissis della storia" ma il passato ideologico
di queste immagini viene all'interno dell'opera ricondotto
a coordinate differenti che depistano l'osservatore, lo
sviano e allo stesso tempo lo instradano.
* Evangelizzazione
D. Che fine ha fatto
secondo te il reale?
R. Probabilmente oggi
per essere vicini alla realtà bisogna allontanarsene,
visto che niente è più lontano dalla realtà
che la realtà stessa.
D'altronde non si dice comunemente "è talmente
vero da sembrare finto?"
il finto è divenuto l'autentico parametro
per verificare il reale
Siamo, in questo modo, proiezioni all'interno di una gigantesca
messinscena teatrale
l'episodio del teatro di Mosca
preso dai combattenti ceceni e il suo epilogo hanno, in
questo senso, dell'emblematico.
Non si poteva trovare una scenografia più adatta
per una tragedia come quella messa in atto dalla brutalità
del potere prima sovietico oggi russo che riconosce, come
proprio, il tradizionale metodo dell'annullamento totale
di qualsiasi forma di autodeterminazione dei popoli. Mi
chiedo solo se questi corpi speciali dalla micidiale efficienza
provengano da qualche accademia drammatica del Caucaso oppure
dal teatro del Bolshoi.
D. Se definissero le
tue opere come ideologiche cosa risponderesti?
R. Mi è stato
detto da qualcuno che sono lavori ideologici
e mi
è venuto da sorridere.
Se infatti il percorso di un artista può essere anche
ideologico la sua opera non lo è affatto. Anzi per
sua natura l'opera è tendenzialmente aideologica
per la molteplicità dei suoi punti di vista, anche
per questo una volta prodotto l'oggetto artistico non appartiene
più al suo autore.
D. Il tuo lavoro dal
titolo "Helfer der Volkspolizei" (2001) che hai
presentato in una mostra alla galleria Man Ray di Cagliari
e a quella tenutasi al circolo "E. Berlinguer"
di Rifondazione Comunista a Sassari suggerisce una riflessione
particolare sull' opera, ce ne vorresti parlare?
R. Il lavoro è
stato concepito su di una selezione di sei fotografie, poi
divenuti sei plotter su tela raffiguranti ciascuno un momento
distinto della "cerimonia" dell'untura: due uomini
sono intenti all'interno di una porcilaia a spalmare su
di una grossa scrofa del grasso
Nella mostra di Sassari i sei plotter erano su di una parete
davanti alla quale era stata imbandita una tavola con sopra
un drappo di porpora e un vassoio con un autentico porcetto
arrosto con patate circondato da una corona di lucine natalizie.
Il maiale che sulla tavola viene sezionato e offerto ai
visitatori della mostra è il riflesso dell'opera
sezionata che appesa alla parete è consegnata alla
fagocitazione, al consumo quindi. Per destino l'opera sarebbe
poi stata smembrata realmente visto che i sei plotter sarebbero
stati acquistati da persone differenti
D. Puoi spendere qualche
parola su questa enigmatica cerimonia dell'untura raffigurata
in "Helfer der Volkspolizei"?
R. La scrofa può
essere anche intesa come metafora dell'opera stessa che
riflette se stessa nel suo rapporto con la critica. Solamente
dopo che la scrofa è stata "unta" è
pronta per l'accoppiamento, alla stessa stregua solo dopo
che i critici, gli assistenti di polizia popolare, hanno
unto l'opera essa è omologata per l'unione con il
mercato, e quindi può essere messa in vendita, all'incanto
con benedizione.
*Elfer der volks polizei
- m 3 x 0,60 (2001).
Opere:
- Elfer der volks polizei
- m 3 x 0,60 (2001). Foto scattata
da Stefano Grassi
- Evangelizzazione - m 3,52 x 2,40 (1999)
- Saluti da Santo Stefano - cm 4,50 x 3,50 (2000)
- Zivago Family - m 3 x 3 (2000)
Post-scriptum alle opere
di Leonardo Boscani
Scriveva Christian Boltanski:
l'opera d'arte è una domanda che non necessita di
risposte univoche. La domanda è forse ciò
che trapela dalle opere di Leonardo Boscani. E forse non
potrebbe essere altrimenti anche senza che l'artista stesso
ne prenda coscienza. La frontalità è un'altra
delle caratteristiche essenziali delle opere, opere che
dicono parole forse dimenticate attraversate dalle luci
umbratili delle vecchie foto che debordano da sfondi color
vermiglio come ferite aperte, come ricordi sbiaditi
e vivi al contempo. E la domanda dimora e nell'essenza dell'opera
stessa e nella frontalità di certi volti che "guardano"
fino quasi a "osservare" chi sta di fronte. Ecco
che d'improvviso ci appaiono come visi vicini e spesso familiari,
visi un pò qualunque immortalati nella unicità
dei tratti. Le foto a differenza dei quadri hanno proprio
questo "di più": la vicinanza quasi "invadente"
di chi non distoglie lo sguardo. E avanzano anche coloro
i quali apparentemente volto non hanno: i miliziani con
le maschere anti-gas...Il vero narcotico che peggio ci assuefà
alla realtà è la realtà stessa...è
questo continuo cercare un "filo" che da un radicarsi
ci conduca avanti senza doverci sentire sopra palafitte.
Ma nell'epoca contemporanea forse quel filo si è
smarrito, il radicarsi di ognuno rimane sconosciuto e a
trasportarci è solo la corrente o, nel migliore dei
casi, una zattera di fortuna. Se al reale può esser
data l'accezione di concretezza, si potrebbe dire che nella
contemporaneità la realtà è andata
dissolvendosi e frantumandosi in migliaia di piccoli evanescenti
fotogrammi (a volte purtropppo "ologrammi"); e
allora la vita diventa un prodotto mediatico, come la morte
certo...si inizia ad esistere solo nell'attimalità
dell'apparizione fortuita. Allora l'intensità delle
vite altrui che cadono durante un massacro è esattamente
pari ad una macabra tragi-commedia...
Siamo sempre anche ciò che perdiamo, è per
questo che dimenticando noi stessi non potremo più
dire la verità. Gli intellettuali, gli artisti, insomma
un tempo si rendevano testimoni della verità intesa
almeno come "dire la verità"; e la verità
non coincide esattamente con una certa società di
facciata che promuove talenti mediocri. Dire la verità
significa avere il coraggio di affrontare se stessi e ciò
che si ha intorno, dire la verità significa spesso
condannarsi a essere un "suicidato della società"...
E il lauto banchetto della gloriosa civiltà occidentale
è sempre ricco di più suadenti e raffinati
"sezionamenti"...anche l'opera d'arte subisce
suo malgrado questa frattura, proprio l'opera d'arte che
in tempi non lontani era considerata capace di conciliare
le fratture. Ecco che allora avviene qualcosa di straordianario
e per un verso "scontato": che detiene l'investitura
del consenso popolare, cioè chi è riconosciuto
come detentore e portatore di un certo "gusto estetico"
si trova connivente dell'industria culturale, si trova imbrattato
e incastrato da mere logiche di mercato. Ma l'artista deve
comunque continuare a dire la verità...magari cominciando
dalla propria verità, quella forse di una vita trascorsa
cercando di superarne gli impedimenti e di svoltare un angolo...ogni
volta...credendo di trovarne il senso.
(A.P. N.d.R)
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