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LEONARDO BOSCANI, "ARTE - MERCE - OPERA D'ARTE"

 

Intervista a L. Boscani, a cura di Christian Premuselli, Arte - Merce - Opera d'Arte, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno I, n.3 2002-2003, URL: http://www.giornalediconfine.net/n_3/art_12.htm

 


D.
Restringendo il campo al percorso che hai intrapreso dal 1999 con i lavori dal titolo Evangelizzazione ed Evangelifici, fino ad arrivare agli ultimi esiti con il ciclo delle Piazze Rosse e Zivago Family (2002), sembrerebbe che queste opere denuncino un marcato rapporto con la contemporaneità…
Quanto è profondo e di che natura è questo rapporto?

***
** Zivago Family; *. . . . . . Saluti da Santo Stefano

R. "Penso che l'artista non possa prescindere da ciò che gli accade attorno, ma il suo sguardo deve andare oltre il singolo evento, mutando il suo punto d'osservazione.
Partendo da considerazioni sull'adesso è però l'opera che reclama di essere accolta come atemporale e come tale si colloca in ogni caso al di fuori della storia anche se dal suo interno viene prodotta".

D. Miliziani ignoti con maschere antigas, fabbriche dismesse, scene familiari tratte da vecchie fotografie degli anni '60 detournate secondo la lezione situazionista, questi sono alcuni dei temi che ricorrono nelle tue opere, che senso assume il riemergere di questi brandelli di realtà?

R. Sul piano formale l'operazione condotta con il recupero di vecchie fotografie o immagini che raffigurano fabbriche in stato di abbandono o scene tratte da album familiari concorre all'emersione di un rimosso che ieri chiamavano realtà e che ora facciamo sempre più fatica a riconoscere. Sono più propenso a definire quel rimosso di cui tento un recupero come "omissis della storia" ma il passato ideologico di queste immagini viene all'interno dell'opera ricondotto a coordinate differenti che depistano l'osservatore, lo sviano e allo stesso tempo lo instradano.


* Evangelizzazione

D. Che fine ha fatto secondo te il reale?

R. Probabilmente oggi per essere vicini alla realtà bisogna allontanarsene, visto che niente è più lontano dalla realtà che la realtà stessa.
D'altronde non si dice comunemente "è talmente vero da sembrare finto?"
… il finto è divenuto l'autentico parametro per verificare il reale…
Siamo, in questo modo, proiezioni all'interno di una gigantesca messinscena teatrale…l'episodio del teatro di Mosca preso dai combattenti ceceni e il suo epilogo hanno, in questo senso, dell'emblematico.
Non si poteva trovare una scenografia più adatta per una tragedia come quella messa in atto dalla brutalità del potere prima sovietico oggi russo che riconosce, come proprio, il tradizionale metodo dell'annullamento totale di qualsiasi forma di autodeterminazione dei popoli. Mi chiedo solo se questi corpi speciali dalla micidiale efficienza provengano da qualche accademia drammatica del Caucaso oppure dal teatro del Bolshoi.

D. Se definissero le tue opere come ideologiche cosa risponderesti?

R. Mi è stato detto da qualcuno che sono lavori ideologici… e mi è venuto da sorridere.
Se infatti il percorso di un artista può essere anche ideologico la sua opera non lo è affatto. Anzi per sua natura l'opera è tendenzialmente aideologica per la molteplicità dei suoi punti di vista, anche per questo una volta prodotto l'oggetto artistico non appartiene più al suo autore.

D. Il tuo lavoro dal titolo "Helfer der Volkspolizei" (2001) che hai presentato in una mostra alla galleria Man Ray di Cagliari e a quella tenutasi al circolo "E. Berlinguer" di Rifondazione Comunista a Sassari suggerisce una riflessione particolare sull' opera, ce ne vorresti parlare?

R. Il lavoro è stato concepito su di una selezione di sei fotografie, poi divenuti sei plotter su tela raffiguranti ciascuno un momento distinto della "cerimonia" dell'untura: due uomini sono intenti all'interno di una porcilaia a spalmare su di una grossa scrofa del grasso…
Nella mostra di Sassari i sei plotter erano su di una parete davanti alla quale era stata imbandita una tavola con sopra un drappo di porpora e un vassoio con un autentico porcetto arrosto con patate circondato da una corona di lucine natalizie.
Il maiale che sulla tavola viene sezionato e offerto ai visitatori della mostra è il riflesso dell'opera sezionata che appesa alla parete è consegnata alla fagocitazione, al consumo quindi. Per destino l'opera sarebbe poi stata smembrata realmente visto che i sei plotter sarebbero stati acquistati da persone differenti…

D. Puoi spendere qualche parola su questa enigmatica cerimonia dell'untura raffigurata in "Helfer der Volkspolizei"?

R. La scrofa può essere anche intesa come metafora dell'opera stessa che riflette se stessa nel suo rapporto con la critica. Solamente dopo che la scrofa è stata "unta" è pronta per l'accoppiamento, alla stessa stregua solo dopo che i critici, gli assistenti di polizia popolare, hanno unto l'opera essa è omologata per l'unione con il mercato, e quindi può essere messa in vendita, all'incanto con benedizione.


*Elfer der volks polizei - m 3 x 0,60 (2001).

Opere:

- Elfer der volks polizei - m 3 x 0,60 (2001). Foto scattata da Stefano Grassi
- Evangelizzazione -
m 3,52 x 2,40 (1999)
- Saluti da Santo Stefano -
cm 4,50 x 3,50 (2000)
- Zivago Family
- m 3 x 3 (2000)

Post-scriptum alle opere di Leonardo Boscani

Scriveva Christian Boltanski: l'opera d'arte è una domanda che non necessita di risposte univoche. La domanda è forse ciò che trapela dalle opere di Leonardo Boscani. E forse non potrebbe essere altrimenti anche senza che l'artista stesso ne prenda coscienza. La frontalità è un'altra delle caratteristiche essenziali delle opere, opere che dicono parole forse dimenticate attraversate dalle luci umbratili delle vecchie foto che debordano da sfondi color vermiglio come ferite aperte, come ricordi sbiaditi e vivi al contempo. E la domanda dimora e nell'essenza dell'opera stessa e nella frontalità di certi volti che "guardano" fino quasi a "osservare" chi sta di fronte. Ecco che d'improvviso ci appaiono come visi vicini e spesso familiari, visi un pò qualunque immortalati nella unicità dei tratti. Le foto a differenza dei quadri hanno proprio questo "di più": la vicinanza quasi "invadente" di chi non distoglie lo sguardo. E avanzano anche coloro i quali apparentemente volto non hanno: i miliziani con le maschere anti-gas...Il vero narcotico che peggio ci assuefà alla realtà è la realtà stessa...è questo continuo cercare un "filo" che da un radicarsi ci conduca avanti senza doverci sentire sopra palafitte. Ma nell'epoca contemporanea forse quel filo si è smarrito, il radicarsi di ognuno rimane sconosciuto e a trasportarci è solo la corrente o, nel migliore dei casi, una zattera di fortuna. Se al reale può esser data l'accezione di concretezza, si potrebbe dire che nella contemporaneità la realtà è andata dissolvendosi e frantumandosi in migliaia di piccoli evanescenti fotogrammi (a volte purtropppo "ologrammi"); e allora la vita diventa un prodotto mediatico, come la morte certo...si inizia ad esistere solo nell'attimalità dell'apparizione fortuita. Allora l'intensità delle vite altrui che cadono durante un massacro è esattamente pari ad una macabra tragi-commedia...
Siamo sempre anche ciò che perdiamo, è per questo che dimenticando noi stessi non potremo più dire la verità. Gli intellettuali, gli artisti, insomma un tempo si rendevano testimoni della verità intesa almeno come "dire la verità"; e la verità non coincide esattamente con una certa società di facciata che promuove talenti mediocri. Dire la verità significa avere il coraggio di affrontare se stessi e ciò che si ha intorno, dire la verità significa spesso condannarsi a essere un "suicidato della società"...
E il lauto banchetto della gloriosa civiltà occidentale è sempre ricco di più suadenti e raffinati "sezionamenti"...anche l'opera d'arte subisce suo malgrado questa frattura, proprio l'opera d'arte che in tempi non lontani era considerata capace di conciliare le fratture. Ecco che allora avviene qualcosa di straordianario e per un verso "scontato": che detiene l'investitura del consenso popolare, cioè chi è riconosciuto come detentore e portatore di un certo "gusto estetico" si trova connivente dell'industria culturale, si trova imbrattato e incastrato da mere logiche di mercato. Ma l'artista deve comunque continuare a dire la verità...magari cominciando dalla propria verità, quella forse di una vita trascorsa cercando di superarne gli impedimenti e di svoltare un angolo...ogni volta...credendo di trovarne il senso.
(A.P. N.d.R)