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Francesco Pala, Il desiderio oltre l'Io verso il Tutto

 

Francesco Pala, Il desiderio oltre l'Io verso il Tutto, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.2 Luglio-Ottobre 2003, URL: http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_2/7.htm

L'evoluzione della ragione moderna, secolarizzata rispetto ad ogni ambizione metafisica, è scandita dai progressi tecnico-scientifici fondati sul rapporto referenziale tra conoscenza e realtà, e dalla complementare diffusione di un senso comune liberal-democratico che insterilisce ogni idealità politica e affida al primato del diritto e dell'economia le ragioni della coappartenenza politica.
Tale assetto largamente dominante nella sfera pubblica dei rapporti, si accompagna, nella sfera privata, essendone in parte la causa, ad una moltiplicazione di atteggiamenti conoscitivi, inclinazioni spirituali e tendenze culturali, profondamente distanti dal paradigma gnoseologico scientifico e dai ritmi geometrico-matematici dettati dai dispositivi giuridico-economici. Il fenomeno più rilevante è rappresentato dalla rinascita, in ambiente occidentale, dell'attenzione per le religioni orientali, considerate capaci di creare "fenditure e varchi, via via aperti verso i possibili" (E. Zolla 1992, p.15.) fughe dal mondo quotidiano e dalla sua insopportabile tridimensionalità temporale e limitatezza spaziale. Si tratta di percorsi che hanno come carattere fondamentale l'attingimento di una realtà ulteriore, attraverso energie spirituali che dissolvendo l'ancoraggio all'io consentono il contatto con un tutto eterno, attraverso l'istituzione di un particolare equilibrio tra istanze mentali e corporee, indispensabile al trascendimento del presente. Le esperienze spirituali che maturano in tal modo rispondono alla doppia esigenza, diffusa nelle società occidentali, di liberazione dalle maglie di una soggettività cooptata da dinamiche spersonalizzanti, e di congiunzione con dimensioni totalizzanti, in grado di sopperire al vuoto di senso derivante dalla recente secolarizzazione ideologica, attraverso l'offerta di orizzonti di senso rinnovati e complessivi.
La cultura laica, filosofica e non, è capace di offrire risposte alternative alle problematiche che sempre più da vicino assediano l'uomo contemporaneo?
Appare importante chiedersi se vi siano esperienze intellettuali che possano costituire modelli alternativi al duopolio di moderno e postmoderno, paradigmi dominanti nella cultura occidentale, e che sfidino le esperienze spirituali di matrice orientale sul terreno della liberazione dall'io attraverso la sinergia di mente e corpo, e nell'offrire una risposta complessiva alle domande di senso.
In tale direzione proveremo ad analizzare tre esperienze intellettuali, non appartenenti né all'ambito razionalista né a quello postmoderno, maturate nel contesto occidentale in periodi storici diversi.

SPINOZA

Baruch Spinoza, ha costruito un impianto razional geometrico, percorso da un irresistibile vento, la potenza delle affezioni, che incarnando l'anima del suo sistema, lo caratterizza in termini di spontaneità e funge da punto di conversione dalla speculazione alla pratica, offrendo la possibilità agli individui di costituire la tramatura dell'Essere e profilare una modulazione alternativa del reale non soggetta ad alcuna statica logica, ma affidata ai corpi, alle passioni, alla loro forza desiderante e ai loro incontri.
L'incremento del tessuto ontologico dell'Essere, infatti, è affidato alla positività degli incontri tra i corpi, per cui l'eventuale compatibilità di due corpi protagonisti di un incontro determinerà la loro composizione e l'assemblaggio che, se accompagnato dall'elaborazione della nozione comune, ovvero dell'idea chiara e distinta di ciò che di comune esiste tra i corpi poiché "un affetto cessa d'essere una passione non appena ce ne formiamo una nozione chiara e distinta" (B.Spinoza, Etica, parte V, prop.III), consentirà una forma di produzione ontologica, legata all'azione della loro potenza d'essere affetti. Un incontro negativo è viceversa destinato a depotenziare l' Essere e potrebbe condurre alla decomposizione dei protagonisti e alla reciproca perdita di potenza.
Il mutuo rapporto tra la ragione che elabora la nozione comune e la potenza d'affezione che conduce all'incontro, costituisce l'alimento dinamico del sistema spinoziano che si configura in modo del tutto distante dal puro intellettualismo che di consueto gli si attribuisce, offrendo un ruolo centrale alle forze della passione e del desiderio (Cfr. G.Deleuze 1999.). Inoltre, sebbene accanto ad un'indubbia valorizzazione degli aspetti pratici e "passionali" nella costituzione ontologica del reale, permanga l'elemento razionale rappresentato dalla nozione comune, che esercita un forte potere individuante, tale da irrigidire e in qualche modo limitare le possibilità creative degli assemblaggi tra corpi, aspetto questo sottovalutato da Deleuze, l'orizzonte spinoziano si caratterizza per il notevole potenziale prospettico e per il modo non gerarchico di concepire il rapporto tra i singoli ed il tutto, laddove la sostanza ha nei modi delle fonti creative indispensabili.
Diluita nel tutto che si dice univocamente e spossessata del primato della ragione, la soggettività fibrilla, sentendosi parte integrante di un mondo non gerarchico, che non offre diritti di priorità ontologica alla ragione teoretica, ma investe il corpo di una capacità creativa che dissolve i tradizionali confini interindividuali, per favorire concatenamenti con altre individualità all'interno dell'orizzonte comune rappresentato dalla sostanza.

JUNG

Gli studi che Jung condusse sull'inconscio collettivo e gli archetipi, lo portarono a modificare il modo freudiano di concepire la psiche, infatti se egli poteva condividere l'idea che la coscienza non potesse essere realtà esclusiva della psiche, allo stesso tempo riteneva che affiancare l'inconscio personale alla coscienza non costituisse una risposta esauriente agli interrogativi sulla natura umana. La psicanalisi di Freud è "la psicologia del romanzo familiare: la relazione dei figli coi genitori, del fanciullo colla madre della fanciulla col padre" (C.G. Jung 1967, p. 235), e nel modo di intendere la sessualità in termini pienamente materiale rischia di rigettare la psiche nella cornice familiare, nel quod erat demonstrandum del mondo edipico, precludendo all'individuo le sfere di esperienza sovrapersonale.
Per Jung l'unico modo che possa consentire all'individuo di muovere passi verso la salvezza, è legato al simbolo non alla concretezza materiale, alla sovrapersonalità non alla parzialità di un inconscio inchiodato e ridotto ad un'asfittica specularità rispetto alla coscienza.
Interviene allora la nozione di inconscio collettivo, per cui ciò che di incosciente esiste a livello personale è solo uno strato superficiale , sotto il quale esiste un incosciente assoluto , che non ha nulla a che fare con la nostra personale esperienza. Tale inconscio è composto di realtà archetipe, dal complesso di realtà mitologiche che affondano le radici nei primordi dell'umanità, immagini primordiali che ciascuno di noi eredita e nelle quali ognuno è immerso dalla nascita.
L'inconscio collettivo è allora una realtà sovraindividuale, più profonda di ogni personalità conscia e non , un tutto in grado di rapprendere ciascuno con la forza cogente di un mondo "in cui le pulsazioni del tempo battono con infinita lentezza, in cui la nascita e la morte degli individui conta ben poco" (C.G. Jung 1980, p.278). Dominare tale mondo è impresa impossibile, gli stessi maestri orientali di tale arte, gli yogin, secondo Jung cercano di raggiungere uno stato di coscienza universale, ma in realtà sono assorbiti dal tutto inconscio.
Per Jung l'inconscio collettivo ha un volto bifronte, da un lato i suoi contenuti rimandano al passato, d'altro lato sono in grado di preordinare il futuro, di anticiparne e generarne le sequenze, per cui si può dire che ciò che vivremo è in noi molto prima che accada.
La sostanza in cui ogni individuo si trova immerso, ha la capacità di plasmarlo e proiettarlo vertiginosamente nell'oscillazione di passato primordiale e futuro. Si presenta allora per l'uomo l'esigenza di indagare le tracce che portano a tale realtà, cercando una forma di ricongiunzione che passa per le vie luminose della simbologia mitologica, utili a scoprire le radici di un'appartenenza necessaria. L'individuo in tal modo cessa d'essere soggettività forte, fattore ordinante del cosmo, per intraprendere la via della guarigione, che è anche percorso di destituzione della propria autonomia e centralità cosmica razionale, in nome delle forze irrazionali e primordiali inconscie che ricongiungono alle maglie del Tutto di cui è parte.
Sacrificare l'io dunque, rinunciare al dominio della razionalità per vivere una nuova individuazione all'insegna dell'inconscio sovrapersonale, raggiungendo il contatto con la dimensione che accomuna tutti gli uomini.

DELEUZE

Gilles Deleuze, condivide con altri importanti filosofi francesi, un autentico percorso di liberazione diretto a minare le categorie del pensiero tradizionale, mutando il senso costrittivo da esse assunto lungo i secoli. Concetti come Divenire, Differenza, Identità, definitivamente addomesticate dall'interpretazione hegeliana avevano assunto un profilo del tutto innocuo, immerse nella griglia sistematica incentrata sulla Negazione che ne isteriliva ogni potenzialità dinamica e creativa.
Deleuze, nelle prime opere filosofiche, attraverso le grandi letture di Bergson, Nietzsche e Spinoza, sostiene l'idea che si possa concepire l'individuazione facendo a meno della soggettività, considerando l'individuo come teatro del darsi della differenza, alimentata dal divenire.
Si tratta di una grande ricollocazione concettuale in grado di esprimere nuove virtualità, che però, agli occhi del filosofo francese, rischiavano di depotenziarsi se non sostenute da un dispositivo pratico, in grado di incarnare ed esemplificare i termini di tale rivolgimento concettuale. Si spiega in tal modo gran parte della collaborazione con Felix Guattari, e l'elaborazione della celebre nozione di corpo senz'organi. Il CsO è per Deleuze il punto d'approdo cui giungere una volta presa la decisione di abbandonare l'io, "dove la psicanalisi dice: fermatevi, ritrovate il vostro io, bisognerebbe dire: andiamo ancora più lontano, non abbiamo ancora trovato il nostro CsO, non abbiamo ancora disfatto abbastanza il nostro io. Sostituite l'anamnesi con l'oblio, l'interpretazione con la sperimentazione. Trovate il vostro corpo senz'organi, sappiatelo fare, è una questione di vita o di morte, di giovinezza e di vecchiaia, di tristezza e di allegria. Ed è qui che tutto si gioca " (G. Deleuze 1996, p.7).
Creare un corpo senz'organi significa trasformare se stessi da realtà signoreggiata dall'io, gerarchicamente suddivisa, in orizzonte piano, geografico, percorso da intensità, differenze, aggregato di intensità soggette a continuo divenire. Individuazione senza soggetto dunque, per avere dei confini ed essere individui senza la mediazione dell'io, divenendo aggregazione di differenze in divenire, perché "il CsO fa passare delle intensità, le produce e le distribuisce in uno spatium anch'esso intensivo, inesteso" (G. Deleuze 1996, p.10). In che modo è possibile attivare la trasformazione e divenire CsO? Attraverso il desiderio.
Il desiderio è una forza positiva, da non interrompere attraverso lo svilimento che porta a considerarlo mancanza, bisogno, né da saturare attraverso l'appagamento, perché il piacere " è già una maniera di interromperlo, di scaricarlo all'istante, di liberarsi di esso" (G. Deleuze 1996, p.12).
Per Deleuze il desiderio possiede una gioia immanente, un'energia che trae alimento dall'inappagamento e dalla mancata estrinsecazione in un piacere, e attraverso tale permanenza in una condizione desiderante si può accedere al corpo senz'organi, infatti la forza che da tale condizione promana dovrebbe condurre alla rottura di ogni confine organico e alla destituzione della soggettività , sostituita da un individuo concepito come insieme d'aree d'intensità fluidificate dal desiderio.
Il filosofo francese non concepisce il CsO come dimensione solipsistica, ma elabora il concetto di piano di consistenza , da intendersi come insieme di tutti i CsO, una molteplicità che va a comporre un tutto, un piano tenuto insieme da attrazioni e intensità, che moltiplichi a livello interindividuale la forza del divenire singolare.
Appaiono definite in tal modo le tappe del percorso che Deleuze propone, dalla perdita dell'io, attraverso le forze del corpo e del desiderio, verso una trasmutazione che ci renda liberi dalla soggettività e disponibili ad entrare a far parte di una dimensione totalizzante, un tutto non gerarchico ma in continuo divenire all'insegna della differenza.

CONCLUSIONE

Nei tre momenti analizzati, il tramonto della soggettività come sistema di categorizzazione del reale, attraverso un capovolgimento che offre priorità al corpo, alla potenza d'essere affetti, al desiderio, all'inconscio, consente una trasmutazione che porta in dono il contatto con un tutto sovrapersonale, metafisico, inconscio, collettivo e indica una via laica che cerca di rischiarare la lunga notte senz'alba dell'uomo contemporaneo.

 



Riferimenti bibliografici

- G. Deleuze, Millepiani, sez.2, Castelvecchi, Roma 1996.
- G.Deleuze, Spinoza e il problema dell'espressione, Quodlibet, Macerata, 1999.
- C.G. Jung, Coscienza inconscio e individuazione, in Gli archetipi e l'inconscio collettivo, Boringhieri, Torino, 1980.
- C.G. Jung, Il problema dell'inconscio nella psicologia moderna, Einaudi, Torino, 1967.
- B.Spinoza, Etica, Tea, Milano 1991.
- Elemire Zolla, Uscite dal mondo, Adelphi, Milano, 1992.