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Josephine Sassu, Giovanni Ferrario. Il buco con la menta intorno

 

Josephine Sassu, Giovanni Ferrario. Il buco con la menta intorno, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.2 Luglio-Ottobre 2003, URL: http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_2/11.htm

 

"Polo, il buco con la menta intorno" recitava così, qualche lustro fa, uno spot pubblicitario che sottolineava, come qualità principale della mercanzia, qualcosa che non c'era e che veniva esaltato dal prodotto in vendita. Passano gli anni e cambiano le circostanze ma il lavoro di Giovanni Ferrario richiama alla mente, disseppellito da una memoria formattata su schemi da "Blob", proprio l'antefatto citato. Nella sua serie di lavori dal titolo "Corpi Vegetali" si vedono immagini, estremamente realistiche, di belle verdure… 'Ceci n'est pas une pipe', Magritte docet?

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Ferrario sembra sublimare, se non esasperare, l'aspetto della veridicità dell'immagine. Scansiona a contatto dello scanner i suoi soggetti e il prodotto è perfettamente speculare al vero; ma portatrice della realtà del soggetto è l'essenza organica, ottenuta tramite la bollitura dell'elemento vegetale in questione che impregnata sull'immagine riprodotta è più vera dell'immagine visibile. E' questa la procedura usata in " " del 1999, dove una serie di sezioni dell'epidermide di un corpo stampate su carta assorbente sono state segnate, tramite contatto, col sudore del corpo della modella stessa.
Nel ciclo di disegni "Zoo", Ferrario produce una serie di animali cui manca qualcosa: un coniglio senza un orecchio ed una zampa, uno squalo senza denti, uno stambecco senza un corno, un picchio senza il becco. In questi lavori l'elemento omesso è più evidente di quello rappresentato, è come guardare dei cerchi prodotti in un specchio d'acqua e sapere che sono stati prodotti dal lancio di un sasso: la causa è più presente dell'effetto.

 

"In Glup!", serie di grandi scansioni stampate su metallo, l'immagine di contenitori vuoti di pastiglie è legata al titolo onomatopeico che richiama il verso del deglutire, rafforzato dall'assenza delle pillole: il soggetto principale è quindi spostato rispetto all'immagine visibile.

 

I farmaci ritornano anche nella serie di "Oggetti simulati", nelle quali Ferrario riproduce il contenitore dei rimedi farmaceutici usati dalla sua famiglia e dai suoi conoscenti. Anche in questo caso il prodotto è speculare rispetto agli originali, mutano solo le dimensioni che si fanno minute, quasi non maneggiabili; unito a questo c'è ovviamente la mancanza del contenuto: Ferrario agisce qui non come un autentico falsario ma, meglio, come un grafico il quale, riproducendo un'immagine veritiera di una banconota su carta palesemente falsa, omette la scritta fac-simile. A questo lavoro mancano i principi attivi ma anche gli effetti collaterali, così questo armamentario farmaceutico e affettivo è un po' come un miraggio con effetto placebo.

Nella serie di Effetti personali troviamo ingigantiti oggetti per la cura e l'igiene della persona: uno spazzolino, fiocchi di cotone che in una visione pop sarebbero icona della vita moderna e consumistica ma che per Ferrario entrano nella logica di un nuovo umanismo sintetico ed asettico.
Nel tessere una trama composita che leghi tutti i lavori di Giovanni Ferrario, partoriti da un coerente impulso metodologico, ma eclettici nelle forme, si trova una senso comune nell'obiettivo che pare essere la costruzione di un diario postorganico: un lindo corredo privo di pulviscolo sentimentale ma intriso di sensi e pronto all'uso visivo.